Legge di Stabilità 2018: sull’università un primo passo, ancora lunga la strada da fare

Legge di Stabilità 2018: sull’università un primo passo, ancora lunga la strada da fare

Dopo diverse settimane di discussione, nella giornata di ieri il Consiglio dei Ministri ha varato il disegno di legge relativo al bilancio di previsione per il 2018, contenente varie misure riguardanti l’università e il mondo della ricerca.

Il piano di reclutamento straordinario di 1500 ricercatori è per ADI un segnale positivo. Con la petizione #ricercaèfuturo, promossa insieme ad ARTeD e FLC-CGIL, ADI ha chiesto al governo di seguire le raccomandazioni del Consiglio Universitario Nazionale, e destinare maggiori risorse al reclutamento. Il piano previsto dal governo va in questa direzione, ma i numeri non sono ancora sufficienti a coprire il fabbisogno di personale docente delle università, a fronte di quasi mille pensionamenti all’anno. Non è inoltre chiaro se il reclutamento di 1600 ricercatori sia su base annuale o triennale. Come dimostra il rapporto OSCE pubblicato negli scorsi giorni, il nostro paese ha bisogno di più laureati e migliore formazione, ovvero di maggiori investimenti nel settore universitario e di una riapertura dei canali di reclutamento che a regime porti almeno a reintegrare tutte le posizioni che sono andate perdute dal 2008 ad oggi. Il piano di reclutamento straordinario è un primo passo, ma per imprimere una svolta di sistema serve una programmazione pluriennale sul reclutamento “ordinario” che risponda alle necessità del sistema universitario e alle legittime aspettative di oltre 20 mila tra assegnisti di ricerca e ricercatori precari.

Sul versante del dottorato di ricerca, al contrario, non si hanno ancora notizie certe. Perché la Legge di Stabilità 2018 abbia un respiro innovativo di lungo termine è necessario che contenga investimenti sulla formazione dei giovani ricercatori.  È dunque prioritario che siano previsti interventi sulla valorizzazione del dottorato e sui diritti dei dottorandi. Da anni ADI chiede alle forze politiche di adeguare la borsa di dottorato, ferma dal 2008 ad una cifra di poco superiore ai 1000 euro, ben al di sotto del minimale contributivo INPS, a fronte di un aumento del 5% dell’aliquota contributiva nella gestione separata cui sono iscritti i dottorandi. Con la campagna nazionale “La borsa e la vita”, lanciata lo scorso 26 settembre, chiediamo al governo di realizzare tale adeguamento dell’importo minimo della borsa. Una misura da accompagnarsi con la definitiva abolizione delle tasse sulle borse di dottorato, senza cui l’aumento della borsa rischierebbe di tramutarsi in un semplice trasferimento di risorse alle Università, che sarebbero incentivate ad aumentare le tasse con gravi e inaccettabili disparità di trattamento fra i dottorandi di diversi atenei. È allo stesso tempo indispensabile che il governo preveda risorse aggiuntive per garantire diritti basilari per i dottorandi senza borsa, quali la mobilità per i periodi all’estero, nell’ottica di un superamento del dottorato senza borsa, in cui giovani ricercatori non vengono retribuiti per il proprio lavoro.

Nelle prossime ore, prima dell’approdo del disegno di legge alle Camere, ADI metterà in campo una serie di iniziative a difesa dei diritti dei dottorandi, assegnisti di ricerca e ricercatori precari.