Tempo scaduto! L’emergenza degli assegnisti di ricerca e le risposte che vogliamo

È imminente la scadenza della proroga di 2 anni per la cumulabilità degli assegni di ricerca, in origine fissata a 4 anni dalla legge Gelmini e poi innalzata a 6 anni con un intervento ad hoc del Parlamento nel 2015. Nel quadro attuale di un reclutamento con il contagocce, in cui i contratti da ricercatore a tempo determinati erogati sono del tutto insufficienti rispetto ai bisogni del sistema universitario, ciò significa che migliaia di assegnisti rischieranno seriamente di essere espulsi dall’Università, dopo sei anni di lavoro e senza alcuna concreta prospettiva di carriera nel mondo della ricerca.

A fronte di 13 mila assegnisti, nel 2016 sono stati banditi appena mille contratti da RTDa (che non danno alcuna garanzia di stabilità) e meno di 500 passaggi da RTDa a RTDb, i quali sono gli unici  contratti  che traghettano verso l’assunzione come professori. Secondo le proiezioni elaborate nella VI indagine ADI sul post-doc, con le cifre del reclutamento attuale (e anche considerando il piano straordinario di RTDb del 2016!), più del 93% di ricercatori non strutturati sarà costretto ad abbandonare l’università al termine di percorsi di lavoro precario anche superiori ai 12 anni. Anche il reclutamento di nuovi RTDb attraverso i fondi vincolati per i “dipartimenti eccellenti” e l’utilizzo di un’esigua parte delle risorse del tesoretto dell’IIT saranno largamente insufficienti a contrastare da subito l’imminente emorragia di ricercatori non strutturati dal sistema universitario, mentre continuerà a riprodursi e a crescere il numero di precari della ricerca senza prospettive.

Mai come in questo caso la risposta immediata all’emergenza della scadenza degli assegni di ricerca deve coincidere con una risposta di sistema in grado di sgonfiare la bolla del precariato universitario e di offrire un orizzonte lavorativo certo per migliaia di ricercatori non strutturati, e con loro un futuro all’intero sistema della ricerca pubblica in Italia.

Quale risposta all’emergenza?

Da una parte è necessario un piano immediato di reclutamento straordinario che possa gettare i binari di un modello di reclutamento a regime tale da rilanciare il sistema universitario e della ricerca. Per questo ADI, insieme ad FLC-CGIL e ad ARTeD, ha promosso la campagna #ricercaèfuturo, chiedendo il trasferimento integrale delle risorse del tesoretto dell’IIT e delle Cattedre Natta per un piano di reclutamento straordinario di RTDb quale primo passo per reintegrare almeno i numeri del personale di ruolo ai livelli precedenti al 2008, come richiesto da tutte le organizzazioni rappresentative del mondo universitario.

Allo stesso tempo, tale piano di reclutamento deve realizzarsi nel quadro di una riforma strutturale del pre-ruolo che semplifichi drasticamente la giungla di contratti precari, introduca un’unica figura pre-ruolo con tutte le tutele di un contratto subordinato e riduca sostanzialmente i tempi di accesso al ruolo. ADI ha avviato negli scorsi mesi un percorso di costruzione dal basso di una proposta organica di riforma del pre-ruolo con la campagna #ricercatorideterminati, i cui risultati saranno portati al tavolo di confronto promesso dal MIUR entro il mese di giugno.

Solo nella prospettiva di una simile riforma del pre-ruolo, sostanziata da un piano di reclutamento straordinario, entrambe da realizzarsi in tempi brevi, una proroga ulteriore degli assegni di ricerca costituirebbe a tutti gli effetti una “fase di transizione” a un nuovo modello di reclutamento, e non un ulteriore rinvio del problema ed ennesima espansione del precariato nell’università, sulla pelle di migliaia di non strutturati.

Proroga straordinaria degli assegni di ricerca, riforma del pre-ruolo e piano di reclutamento straordinario devono essere quindi tre elementi inseparabili. Siamo realisti: vogliamo tutto e subito, perché solo con una risposta di sistema si può e si deve risolvere oggi l’emergenza del precariato.  

Per questo ci batteremo come assegnisti e ricercatori non strutturati perché non ci venga sottratta la prospettiva del lavoro nella ricerca, senza farci prendere in giro dall’ennesima soluzione tampone, né da un’ulteriore precarizzazione delle nostre vite, ma pretendendo una risposta di sistema che ci conduca a un nuovo modello pre-ruolo e di reclutamento.