ADI Padova: No alla sospensione non retribuita dell’assegno per “cause di forza maggiore”

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Pubblichiamo il comunicato della sede di ADI Padova sulla decisione del Senato Accademico dell’Università locale di introdurre anche per “cause di forza maggiore” e generici “gravi motivi” la possibilità di sospensione non retribuita per gli assegnisti di ricerca dell’ateneo. Una formulazione - approvata con il voto contrario dell’ADI - che apre  alla possibilità di forti pressioni sui precari della ricerca, soprattutto in fasi storiche difficili come quella che stiamo attraversando.

 

Nella giornata di ieri, il Senato Accademico dell’Ateneo di Padova ha votato una proposta di revisione del regolamento degli assegni di ricerca che intende inserire le “cause di forza maggiore”, accanto ad altri “gravi motivi” non ben qualificati, quali ragione di sospensione non retribuita per gli assegnisti di ricerca. Fino ad ora la misura della sospensione del contratto nella regolamentazione di Ateneo era presente esclusivamente quale strumento a tutela degli assegnisti, per rispondere alle impossibilità di continuare proficuamente il proprio lavoro in ragione di gravi e documentate motivazioni personali, quali la maternità o la malattia.

 

In seguito alle proteste dei rappresentanti dei dottorandi, degli studenti e del personale tecnico amministrativo in Senato Accademico, la proposta iniziale è stata emendata vincolando la sospensione ad una richiesta esplicita da parte dell’assegnista. Tale modifica appare tuttavia insufficiente a risolvere le criticità di una proposta irricevibile, ironicamente giunta pochi giorni dopo la richiesta ai ricercatori in ambito biomedicale di sopperire volontariamente al sovraccarico dei laboratori ospedalieri, mettendo a rischio la propria incolumità e quella dei propri cari.

 

Pur amareggiati e basiti, non possiamo che prendere atto della decisione del Senato Accademico, impegnandoci tuttavia a garantire una costante vigilanza sulla situazione di assegnisti e assegniste e, consapevoli delle enormi potenzialità di abuso di questo strumento di sospensione del contratto, a lottare per la sua abolizione.

 

Siamo infatti molto preoccupati che la formulazione finale, approvata con il voto contrario dell'ADI, introduca ragioni esterne dai contorni estremamente vaghi, soprattutto in questa fase storica di grandi difficoltà dovute all’emergenza Coronavirus, che potrebbero portare a forti pressioni sugli assegnisti da parte dei supervisori e dei direttori di dipartimento. Infatti la ratio della delibera rimane quella della tutela degli obiettivi dell’attività di ricerca, con l’assunzione implicita che le esigenze della ricerca - ma forse anche esclusivamente di bilancio - vadano privilegiate alla dignità dei lavoratori. Questi ultimi potrebbero d’ora in poi trovarsi ad affrontare una scelta impossibile tra il perdere ogni possibilità di avanzamento di carriera, subordinata alla benevolenza di chi gestisce i fondi e mette a bando gli assegni, e il rischio economico dovuto alla perdita improvvisa del reddito, in un momento in cui è difficile, se non impossibile, trovare fonti di sostentamento alternative. 

 

Questa iniziativa va contro ogni principio di solidarietà e ragionevolezza, preferendo scaricare sui soggetti più deboli del mondo della ricerca il costo economico e di lavoro dell'emergenza sanitaria, invece che prevedere iniziative per garantire strumenti sicuri ed efficaci per l'accesso agli spazi universitari o per l'accesso ai testi di studio non reperibili o accessibili da remoto, invece che fare pressione sui ministeri competenti affinché vengano prese reali misure di tutela economica e lavorativa.

 

Alle parole di elogio spese dalle istituzioni sull’onda emotiva di questi giorni per i contributi umani e scientifici della ricerca guardiamo con sospetto, perché sono una maschera perfetta dietro cui nascondere l’assenza di qualsiasi politica di tutela e  per allontanare garanzie e riconoscimenti concreti. La parola “eroi” suona particolarmente amara quando ci si trova di fronte alla scelta tra mantenere una seppur già scarsa possibilità di stabilizzazione e portare tutti i giorni il pane in tavola.