Niente di nuovo sotto l’ombrellone. Il DL “Università” non affronta la crisi strutturale del reclutamento nella ricerca.

Con l’approvazione definitiva del Decreto-Legge “Università”, il Governo ha perso un’occasione decisiva per affrontare in modo strutturale la precarietà del sistema universitario italiano.

L’unica (parziale) buona notizia riguarda l’accoglimento, in sede parlamentare, dell’emendamento proposto da ADI e sostenuto in modo bipartisan per ripristinare l’esenzione IRPEF-IRAP sulle borse post-lauream assegnate prima del 7 giugno 2024. Una misura di giustizia, che restituisce certezza a centinaia di giovani ricercatori e ricercatrici, ma che lascia ancora troppe domande aperte: l’esenzione varrà anche per i rinnovi? Come verrà gestita l’IRAP nei bilanci degli atenei? E soprattutto, perché continuare ad applicare un regime fiscale da lavoro dipendente a prestazioni prive di qualsiasi tutela?

Le criticità non si fermano qui. Il decreto-legge annunciato con enfasi dalla Ministra Bernini:
    •    non introduce alcun piano strutturale di reclutamento;
    •    non prevede risorse nuove per la ricerca;
    •    non chiarisce il destino dei decreti attuativi per gli incarichi di ricerca e post-doc, la cui pubblicazione è attesa da mesi, malgrado su di essi pendano ricorsi già presentati da ADI e FLC-CGIL e una procedura d’infrazione europea per violazione del diritto dell’Unione.

Siamo di fronte a un atto normativo privo di visione, che non risponde alle necessità reali del sistema universitario, né alla condizione delle decine di migliaia di precari e precarie della ricerca. Ancora una volta, sotto l’ombrellone non c’è nulla di nuovo: solo incertezze, rinvii e omissioni che rischiano di danneggiare il sistema nel suo complesso.

Le proposte dell’ADI erano ambiziose ma necessarie:
    •    adeguamento delle borse di dottorato;
    •    valorizzazione del titolo;
    •    democrazia negli organi accademici;
    •    rappresentanza per tutte le figure precarie della ricerca.

Continueremo a far valere queste istanze in tutte le sedi istituzionali, al fianco di chi chiede un’università più giusta, stabile e inclusiva. Il tempo delle promesse è finito. È ora di passare dalle parole ai fatti.