Decreto Incarichi: tutte le informazioni su retribuzione, diritti, oneri

La Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha finalmente emanato il Decreto ministeriale che definisce il trattamento economico minimo per gli incarichi post-doc e di ricerca.

Le novità emergono soprattutto sugli incarichi di ricerca (art. 22-ter legge 240/2010), per cui si registra un aumento della retribuzione minima mensile netta rispetto agli assegni di circa 220 € e – soprattutto – l’introduzione di un adeguamento automatizzato all’inflazione. Si tratta di una storica rivendicazione dell’ADI, che tuttavia oggi si applica soltanto a una forma di impiego limitata a chi possiede una laurea magistrale entro sei anni dal conseguimento del titolo.

Questa agevolazione, esito di pressioni costanti della nostra Associazione e delle comunità dei precari della ricerca, evidenzia tuttavia un paradosso: si garantisce una stabilità economica minima solo in una fase estremamente breve e selettiva della carriera.

Quanto agli incarichi ex art. 22-bis legge 240/2010 (cd. “post-doc”), si conferma la loro natura de facto di contratto di ricerca “minor”: l’art. 1, comma 1 stabilisce che ai titolari degli incarichi previsti dall’art. 22-bis della legge n. 240 sia corrisposto, per tutta la durata del contratto, un trattamento economico che la singola istituzione definisce in funzione dell’impegno richiesto e della complessità delle attività. Ciò rispecchia l’art. 22-bis, comma 5 della legge medesima che li istituisce: la determinazione del compenso è demandata all’istituzione universitaria, entro un vincolo di trattamento economico minimo previsto da decreto ministeriale. Il comma 2, arricchendo la disposizione, specifica che il trattamento economico non può in alcun caso essere inferiore a quello spettante al “ricercatore confermato a tempo definito in classe 0” al momento della sottoscrizione del contratto. Ciò corrisponderebbe a una retribuzione annuale lorda di circa 39.547 euro, ovvero circa 1900 euro netti su 12 mensilità (o di 1700 su 13).

Per entrambe le figure, l’importo è al netto degli oneri a carico dell’amministrazione erogante e che è attribuito in rate mensili di pari importo.

La configurazione giuridica degli incarichi di ricerca presenta una struttura contrattuale eterogenea: il trattamento economico netto risulta simile a quello degli incarichi post-doc (art. 22-bis legge 240/2010), ma vengono esclusi diritti sindacali e tutele giuslavoristiche fondamentali. Questa impostazione conferma una lettura in cui la pretesa di non elevare i costi per il bilancio pubblico si rivela subalterna al disegno politico di mantenere i destinatari in una condizione di lavoro non riconosciuta – né tutelata – come tale.

Il contesto finanziario complessivo, caratterizzato da un continuo definanziamento del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), attenua l’effettiva portata delle poche migliorie introdotte. Se non si inverte il trend del finanziamento strutturale dell’università pubblica, ogni maggiore investimento sul singolo, almeno in termini retributivi, rischia di essere vanificato dall’indebolimento complessivo del sistema. La conseguenza inevitabile sarà una riduzione del reclutamento, con pesanti ricadute sui servizi agli studenti e sulle aspettative professionali di giovani ricercatrici e ricercatori qualificati.

L’ADI non intende in alcun modo accettare questa finzione. Rifiutiamo con forza la suddivisione tra tipologie di serie A e di serie B fra persone che svolgono, nei fatti e nella quotidianità, la stessa mansione e continueremo a rivendicare che la ricerca sia riconosciuta universalmente come un lavoro, con tutti i diritti e le tutele che ne conseguono, senza eccezioni.

Se l’università pubblica resta in condizioni di emergenza economica, allora non potrà che entrare in declino: ciò minaccia non soltanto il futuro dei ricercatori, ma l’intera comunità universitaria e la qualità dell’istruzione e della conoscenza nel nostro Paese.