Borsa di dottorato, tra vittorie e sfide ancora aperte

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Esattamente un anno fa, con una nota indirizzata a tutti i rettori e per conoscenza anche all’ADI, promotrice di una pluriennale lotta dei dottorandi per l’aumento della borsa, il MIUR dava comunicazione dell’approvazione del DM 40 del 25 gennaio 2018. La disposizione sanciva l’aumento dell’importo minimo della borsa di dottorato, fissato dal primo gennaio 2018 a € 15.343,28 (art. 1).
Il decreto ha portato così l’importo netto della borsa di dottorato a € 1132,72 mensili, con un aumento di € 125,86 rispetto alla rata stabilita in precedenza.

Dopo un anno, questo resta un grande risultato per i dottorandi, che hanno ottenuto un importante riconoscimento del valore del proprio percorso formativo e di lavoro. L'importo della borsa era fermo dal 2008, quando la campagna ADI “Se potessi avere mille euro al mese” aveva ottenuto l'aumento da € 800 a € 1000 mensili.

Purtroppo però resta ancora molto da fare.

In primo luogo, l’importo attuale continua ad essere inferiore (per meno di € 400 all’anno) al minimale contributivo INPS, corrispondente a € 15.710, e per questo motivo i dottorandi con borsa ancora non si vedono riconoscere l’intera annualità a fini previdenziali. Si tratta di un punto per cui ADI ha sempre lottato e continua a lottare, chiedendo che l’importo minimo della borsa si adegui automaticamente al minimale contributivo, il cui importo varia di anno in anno, in modo da non essere mai più inferiore.
Inoltre, nonostante l’aumento della borsa abbia implicitamente aumentato la quota minima del budget aggiuntivo per attività di ricerca riconosciuto a ciascun dottorando con e senza borsa, fissato dall’art. 9, comma 3 del DM 45/2013 ad una somma non inferiore al 10% dell’importo della borsa, ancora moltissimi dottorandi si vedono negare questo diritto, in toto o in parte.

A ciò si aggiunge il fatto che circa il 25% dei dottorandi italiani ancora non si vede corrispondere alcuna borsa di dottorato. Si tratta di una situazione di profonda ingiustizia, che crea inutili disparità tra dottorandi e limita la capacità di alcuni, altrettanto meritevoli, di compiere un percorso di formazione pieno e appagante. ADI ha chiesto più volte che il 100% dei posti messi a bando venga coperto con borsa; accanto a questi, dovrebbe restare la possibilità di bandire ulteriori posti finanziati da assegno di ricerca a valere su fondi specifici del dipartimento, se disponibili; la possibilità di condurre un dottorato senza alcun sostegno economico da parte dello Stato dovrebbe essere ridotto solamente ai dipendenti pubblici o privati in aspettativa, come abbiamo chiesto nella nostra proposta di riforma giuridica del dottorato.
La situazione dei dottorandi senza borsa è ulteriormente aggravata dalla norma che impedisce loro di godere della maggiorazione per i periodi all’estero, che crea una forte e inammissibile disparità nella qualità della formazione dei dottorandi senza borsa rispetto ai loro colleghi borsisti. Questo autunno, ADI ha ribadito la necessità di stanziare dei fondi che possano garantire ai dottorandi senza borsa ancora in corso di poter svolgere il proprio periodo all’estero con serenità e in modo proficuo.
 

Negli ultimi 10 anni, abbiamo raggiunto tanti risultati: accanto all’aumento della borsa di studio nel 2008 e nel 2018, l’indennità di disoccupazione DIS-COLL per i borsisti, l’abolizione della tassazione sui dottorandi senza borsa, il superamento dell'incompatibilità dottorato-lavoro, la garanzia a tutti i dottorandi del rispetto effettivo dei tre anni minimi di durata del corso di dottorato,una crescente attenzione per la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca. All’orizzonte restano, insieme al raggiungimento del minimale contributivo INPS e al superamento del dottorato senza borsa, la trasformazione del dottorato come contratto di apprendistato, l’abolizione della tassazione sui dottorandi borsisti, una piena e adeguata valorizzazione del titolo...

...E tanti diritti ancora da difendere e conquistare, ogni giorno.
 

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