Riconoscimento del Dottorato di ricerca nella Pubblica Amministrazione: si passi dalle parole ai fatti

Riconoscimento PhD |  Nelle ultime settimane il Ministro per la Pubblica Amministrazione (PA), Renato Brunetta, ha rilasciato diverse interviste a seguito della firma del “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale" siglato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, dal Ministro Brunetta e dai Segretari generali di Cgil, Cisl e Uil.

In più occasioni il Ministro Brunetta ha sottolineato l’importanza di promuovere l’assunzione di dottori e dottoresse di ricerca nella PA, in qualità di personale altamente qualificato, alla luce della sfida che aspetta il nostro Paese: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Il Ministro ha dichiarato di essere consapevole dell’esistenza di migliaia di dottori e dottoresse di ricerca che non trovano un’occupazione né nel settore della ricerca pubblica né nel settore delle imprese e di quanto tali figure professionali possano svolgere un ruolo chiave per una pianificazione efficiente ed efficace delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea per fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria.

Inoltre, in un contesto italiano in cui la durata media di un concorso pubblico è pari a circa 4 anni e in cui non vi è la possibilità di attendere questo lasso di tempo per far fronte alla sfida europea della PA italiana, il Ministro Brunetta ha proposto un sistema di reclutamento del tipo cherry picking, sfruttando un portale di reclutamento da cui ogni Amministrazione e/o Ente potrebbe attingere per assumere personale qualificato.

La proposta è quella di assumere personale qualificato a tempo determinato con contratti del tipo 3+2 per far fronte alla realizzazione dei progetti richiesti dall’Unione Europea per concedere le risorse economiche (https://www.raiplay.it/video/2021/03/Lintervista-al-Ministro-Renato-Brunetta---Mezzorainpiu-14032021-8bf13ef9-75d7-41ed-8c87-4c7b98c6fc52.html).

Dal punto di vista del numero di assunzioni, il Ministro ha fatto riferimento a “due giovani dottori di ricerca neoassunti per ogni dipendente pubblico al massimo della carriera e dello stipendio che va in pensione”.

L'ADI accoglie con favore l’attenzione rivolta a coloro che conseguono il più alto grado di formazione previsto dall'ordinamento italiano e si aspetta che questa iniziativa possa integrarsi nel contesto di una visione chiara della valorizzazione a lungo periodo dei dottori e delle dottoresse di ricerca nella PA.

Cosa ne sarà di quel personale altamente qualificato dopo i 5 anni proposti dal Ministro per far fronte al Next Generation EU?

Quanti PhD saranno al centro di questo progetto di efficientamento e di incremento della qualità della PA italiana?

Come si svolgerà questo reclutamento “cherry picking” dei dottori e delle dottoresse di ricerca?

In che modo verrà riconosciuto e valorizzato il dottorato di ricerca in sede di concorsi pubblici?

 

Le proposte dell’ADI

Per dare una risposta concreta ai dubbi che restano da sciogliere in merito al progetto proposto dal Ministro crediamo sia fondamentale partire da alcune nostre proposte elaborate anche in funzione di questa fase emergenziale:

  • Procedure ad hoc per profili altamente qualificati, sulla base del fabbisogno delle Amministrazioni, accentrate presso il Ministero della PA. Il requisito di accesso dovrebbe essere rappresentato dal possesso del dottorato di ricerca, prevedendo il superamento della formula “ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso” - contenuta nel comma 3, lettera e-ter), del d.lgs. n. 75 del 2017 - che limita la valorizzazione a vantaggio della discrezionalità. La graduatoria finale verrebbe stilata sulla base di un colloquio finalizzato a verificare le competenze professionali nell’ambito della realizzazione e della gestione di progetti, simulando situazioni lavorative quotidiane. Tali profili potranno essere assunti con contratto a tempo determinato (3 o 5 anni) con trasformazione a tempo indeterminato automatica previa valutazione finale positiva o conseguimento di “abilitazione” specifica rilasciata dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), analogamente a quanto accade nell’Università per il passaggio da Ricercatore a Tempo Determinato di tipo B a Professore di II fascia. Questa misura è strumentale ad inserire rapidamente profili altamente qualificati per la gestione dei progetti del Pnrr.

  • Prevedere da subito un corso-concorso nella SNA ad hoc per i dottori e le dottoresse di ricerca al fine di formare la classe dirigente del futuro (ad oggi possono partecipare insieme ai PhD anche i possessori di master di 2° livello e funzionari con 5 anni di servizio). Tale misura potrebbe essere resa strutturale negli anni successivi; 

  • Sulla base del punto 22 delle linee programmatiche (valorizzazione) crediamo sia opportuno permettere ai dipendenti della PA possessori di dottorato di ricerca l’accesso (senza anzianità di servizio) a tutti i concorsi interni delle proprie Amministrazioni, fino alla categoria più alta prevista prima del grado dirigenziale. Inoltre, al fine di bilanciare il merito con l’anzianità, nei concorsi interni è opportuno attribuire un peso nella valutazione dei titoli di almeno il 30% per il dottorato.

Siamo a disposizione del Ministro e del suo staff per discutere ed argomentare in maniera più approfondita le nostre proposte.

Alla luce dei dati allarmanti riguardanti la PA italiana, quali l’età media del personale pari a 50,7 anni, il sottodimensionamento di molti uffici pubblici per i servizi fondamentali del nostro Sistema Paese a seguito del taglio di circa 1 milione di dipendenti negli ultimi 10 anni e il sempre più rapido progresso tecnologico e digitale, appare ormai chiara la necessità di promuovere l’accesso dei dottori e delle dottoresse di ricerca nella PA e valorizzarne adeguatamente il titolo e il percorso, in qualità di personale altamente qualificato.

Un altro dato negativo che evidenzia la necessità di investire su personale altamente qualificato è rappresentato dalla percentuale di laureati nella PA, pari soltanto al 40% del personale. Dato che, oltre ad essere più basso rispetto alla media europea, deve far riflettere sulla necessità quanto mai urgente di professionalità e competenze che spesso non sono conseguite con un diploma di maturità.

Il dottorato di ricerca rappresenta il più alto grado di istruzione universitaria. Esso venne introdotto nell’ordinamento universitario italiano con la legge n. 28 del 1980 ma, ad oggi, nonostante siano trascorsi più di 40 anni, non vi è ancora un effettivo riconoscimento e una valorizzazione del titolo di dottore di ricerca al di fuori dell’ambito accademico. L’implementazione di politiche volte a valorizzare il dottorato nel settore privato e negli enti pubblici, pertanto, non può più essere rinviata se vogliamo evitare che questo capitale sociale, su cui la collettività investe importanti risorse finanziarie, venga sprecato.

La battaglia che l'ADI conduce sul versante del reclutamento universitario - sempre più urgente in un sistema in cui solo il 9% degli assegnisti di ricerca avrà la possibilità di accedere a posizioni di ruolo (VIII indagine ADI su Dottorato e Post-Doc, https://dottorato.it/content/indagine-adi-2019) - deve andare di pari passo con quelle per una piena valorizzazione dei dottori e delle dottoresse di ricerca nel settore pubblico e in quello delle imprese.

Tale valorizzazione non può che cominciare con il giusto riconoscimento del titolo di dottore di ricerca e dell'esperienza professionale dei dottori e delle dottoresse di ricerca nei concorsi pubblici.

Nel punto n. 4 del Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale è riportato: “La formazione e la riqualificazione del personale deve assumere centralità quale diritto soggettivo del dipendente pubblico e rango di investimento organizzativo necessario e variabile strategica non assimilabile a mera voce di costo nell’ambito delle politiche relative al lavoro pubblico. In particolare va ribadito che le attività di apprendimento e di formazione devono essere considerate a ogni effetto come attività lavorative.”.

Su questo aspetto fondamentale l’ADI ha già formulato tre proposte in linea con quanto su riportato (Valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca nella Pubblica Amministrazione: le proposte di ADI), quali:

  1. Riconoscimento del dottorato di ricerca come esperienza lavorativa;

  2. Reintroduzione del diritto al congedo per il conseguimento del primo dottorato di ricerca, sottraendolo alla discrezionalità del dirigente;

  3. Valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche e di carriera.

La proposta del Ministro Brunetta di puntare ai dottori e alle dottoresse di ricerca per incrementare significativamente la qualità, l’efficienza e l’efficacia dei servizi gestiti ed erogati dalla Pubblica Amministrazione va nella giusta direzione.

Le scelte politiche che dovranno essere prese nel breve e nel lungo periodo dovranno avere come obiettivo quello di agevolare l’ingresso strutturale e non congiunturale - dettato dalle richieste di progettazione imposte dall’Unione Europea - nella PA di personale altamente qualificato che, in virtù del proprio percorso di studi, può contribuire a migliorare la macchina della PA. 

Secondo l’ADI è opportuno favorire nei concorsi pubblici dei canali di accesso dedicati ai dottori e alle dottoresse di ricerca nei ruoli che costituiscono l’anello di congiunzione essenziale tra dirigenza e profili operativi, assumendo così un valore centrale per l’effettivo funzionamento dell’Amministrazione. Allo stesso tempo, risulta fondamentale riconoscere il valore del titolo di dottore di ricerca in ogni sede concorsuale.