Riforma del dottorato di ricerca: un'altra occasione sprecata

Lo scorso 29 gennaio il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), ha ricevuto una nota del Ministro dell’Università e della Ricerca, datata 19 gennaio, con la richiesta di parere in merito sulla bozza di riforma del DM 45/2013 in materia di dottorato di ricerca

Da un punto di vista di metodo constatiamo ancora una volta la scarsa disponibilità ad un confronto con i soggetti e le categorie coinvolte, in special modo con la comunità dei dottorandi e delle dottorande. Si tratta di un atteggiamento di chiusura, che non lascia spazio a processi partecipativi inclusivi, indispensabili all’adozione di scelte politiche che rispondano alle esigenze della base di riferimento.   

Da un punto di vista di merito abbiamo espresso, attraverso il rappresentante nazionale dei dottorandi in CNSU, Giuseppe Naglieri, la nostra contrarietà ad una proposta che, nel suo complesso, denota l’assenza totale dell’attenzione ai diritti, alla formazione, alla retribuzione.  

Le modifiche proposte, infatti, restano in sostanziale continuità con le politiche degli ultimi dieci anni e non favoriscono il superamento delle criticità che più volte, in questi anni, come ADI abbiamo denunciato. 

Se da un lato le norme che regolano il dottorato “tradizionale” restano pressoché immutate, dall'altro lato si apre ad una eccessiva deroga delle stesse nel caso di attivazione di dottorati industriali e professionalizzanti, esacerbando le disparità tra diversi percorsi dottorali.

La riforma del DM 45/2013 doveva essere un'occasione per garantire uniformità di diritti e un miglioramento delle condizioni materiali di vita e lavoro dei dottorandi di ricerca nel nostro Paese, condizioni quanto mai lontane dagli indirizzi della Carta Europea dei Ricercatori

Si è risolta, al contrario, nell’ennesima occasione sprecata, volta a favorire un solo modello di ricerca, sempre più votato alle esigenze del mercato e delle imprese e sempre meno a quello delle condizioni materiali di lavoratrici e lavoratori della ricerca in formazione, rappresentando un colpo ulteriore alla ricerca pubblica italiana. 

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