#ricercatorideterminati: costruiamo dal basso la riforma del sistema di reclutamento!

Siamo assegniste e assegnisti, ricercatrici e ricercatori precari, dottorande e dottorandi che da anni si battono per mettere fine allo sfruttamento del proprio lavoro e per riconquistare un futuro in grado di ridare dignità alle nostre aspettative e al ruolo dell’Università pubblica nel nostro Paese. Vogliamo riprendere la parola sulle nostre vite e su quel sistema della formazione e della ricerca che facciamo vivere col nostro lavoro e la nostra passione per la ricerca.

Un lavoro e una passione umiliati e calpestati da chi, in questi anni, ha avviato un’offensiva senza precedenti contro l’Università e il sistema pubblico della ricerca. Un’offensiva che ha lasciato intatte le vecchie élites di potere accademiche per colpire a fondo i soggetti più deboli del mondo della ricerca e della didattica.

Oggi più che mai le prospettive di assegnisti, dottorandi e ricercatori precari coincidono con la sopravvivenza stessa dell’Università. Per questo oggi riprendiamo la parola. Non solo per noi, ma per il futuro del nostro Paese. E vogliamo farlo costruendo dal basso la riforma del sistema di reclutamento di cui l’Università ha bisogno per sopravvivere.

Dal 2008 ad oggi il personale docente strutturato si è contratto di più di 10.000 unità. Il reclutamento è stato di fatto bloccato tra il 2009 e il 2011, con il 20% del turnover, per poi fermarsi al 50% a partire dal 2012. La figura del ricercatore a tempo indeterminato (RTI), che nel 2010 contava oltre 25.000 unità, è stata abolita e sostituita con due figure di ricercatori a tempo determinato (RTD), dette di tipo a (RTDa) e di tipo b (RTDb). Gli RTDa, senza alcuna garanzia di stabilizzazione, contano ad oggi 3.000 unità, mentre gli RTDb, in tenure track, erano appena 700 fino al 2015, e sono saliti a 1.800 solo con il piano straordinario del DM 78/2016.

A fronte di un numero di RTD così basso, si è assistito dal 2010 a un boom senza precedenti dei contratti di assegno di ricerca, con un picco di più di 16.000 posizioni nel 2013. L’assegno di ricerca si è rivelato essere la chiave di volta dello sfruttamento del lavoro precario nell’Università: gli Atenei non hanno esitato ad abusarne, evitando di bandire posti da RTD, più costosi e maggiormente tutelati dal punto di vista contrattuale.

Oggi il pre-ruolo è una via crucis fatta di rinnovi di anno in anno di contratti precari, senza certezze, per una durata totale di 12 anni fra assegni, RTDa e RTDb, in cui – bene che vada – un “giovane” ricercatore può ambire a diventare associato a 38 o 40 anni. In realtà, come abbiamo mostrato nelle stime elaborate nella nostra VI Indagine Nazionale sul post-doc, con gli attuali livelli di reclutamento e tassi di abilitazione dell’ASN, solo il 6,5% degli attuali assegnisti potrà ambire a una posizione strutturata, mentre più del 93% sarà espulso dal sistema universitario, il 27% dei quali al termine di un contratto da RTDa.

È ora di dire basta e di riprenderci il nostro futuro.

Per questo ADI, come organizzazione nazionale dei dottorandi e dei precari della ricerca, si fa promotrice di un percorso di costruzione dal basso di un’ambiziosa e necessaria riforma del pre-ruolo e di un piano di reclutamento strutturale nell’Università e nel sistema della ricerca. Un percorso che si articolerà in assemblee e incontri di approfondimento aperti a tutti gli assegnisti, ricercatori precari, dottorandi, dal nord al sud del Paese, da cui far emergere proposte concrete e iniziative di mobilitazione locale e nazionale.

L’ADI mette a disposizione le sue proposte, frutto di un lungo percorso di riflessione ed elaborazione tuttora in atto, come spunto iniziale per un confronto aperto con tutti precari della ricerca.

Ci vogliono ricattabili, asserviti, senza prospettive, ricercatori a tempo determinato.

Ci troveranno come ricercatori determinati a cambiare lo stato di cose presente.

#ricercatorideterminati