8 marzo: tutti i generi di parità

 

Le donne rappresentano una parte qualitativamente e numericamente sempre più importante nel sistema universitario italiano e degli enti di ricerca del nostro paese. Nonostante molto si sia fatto e si continui a fare per garantire alle donne gli stessi diritti degli uomini, permangono importanti distanze e disparità tra i generi rispetto alle condizioni lavorative e alle possibilità di carriera.

La mancanza di adeguate tutele risulta particolarmente penalizzante per assegniste e dottorande, che troppo spesso si trovano a dover compiere scelte complesse per gestire la vita personale e la carriera. La mancanza di un sistema complessivo di welfare universale e la conseguente diminuzione (tendente al quasi totale azzeramento) dei servizi essenziali, ha colpito in questi anni soprattutto le donne.

Nell'ottica di un reale raggiungimento della parità di genere nell'ambito accademico e di tutti i luoghi di lavoro della ricerca, intendiamo avanzare alcune proposte che consideriamo importanti per avviare una serie di miglioramenti all’attuale sistema previdenziale e contrattuale. Auspichiamo vivamente che le nostre richieste possano diventare parte integrante di un dialogo virtuoso con le istituzioni e portare a un cambio di passo sulle politiche di genere. Chiediamo che siano stabilite parità di condizioni di partenza fra donne e uomini, attraverso servizi concreti e welfare, per garantire che il percorso - già molto frastagliato e difficile - nel mondo della ricerca universitaria non sia ancora più accidentato per chi, come scelta di vita, intende costruirsi una famiglia.

Una delle prime questioni su cui chiediamo vengano presi provvedimenti migliorativi è naturalmente quella della genitorialità. L'estrema fragilità del lavoro precario nell'università e negli enti di ricerca, assieme alla mancanza di un solido sistema di tutele, fanno sì che avere un figlio sia una sorta di privilegio. Vogliamo migliorare la qualità della vita di tutte le ricercatrici e lavoratrici dell'università e degli enti di ricerca, dentro e fuori l'accademia. Chiediamo pertanto che le università, gli enti di ricerca e l’INPS mettano in pratica un sistema capillare di informazione in merito alla procedura per accedere ai congedi e ai contributi di maternità da parte delle colleghe dottorande, assegniste e borsiste. È inoltre prioritario che si apra una discussione sull'aumento di questi contributi e sulla riduzione dei tempi di solvibilità degli stessi. L'impegno, anche finanziario, che la maternità comporta deve essere sostenibile: i fondi devono quindi essere appropriati e arrivare in modo regolare e prevedibile. Chiediamo inoltre che la possibilità di accedere all'indennità di maternità sia estesa a tutte le colleghe: la normativa INPS relativa alle lavoratrici in regime di gestione separata prevede che i contributi siano erogati solo in presenza del requisito contributivo di "3 mesi di contributi, versati o dovuti, nei 12 mesi precedenti l’inizio del congedo di maternità"; questa misura esclude, ad esempio, tutte le colleghe che abbiano appena intrapreso un percorso di dottorato, creando quindi un disequilibrio nell'accesso ai diritti.

È inoltre fondamentale che vengano introdotte adeguate misure di welfare per le colleghe dottorande senza borsa e per tutte le lavoratrici con altre tipologie di borsa e contratti precari di ricerca, che in caso di maternità si trovano al momento escluse da qualsiasi sistema di tutela, in un’inaccettabile condizione discriminatoria di lavoratrici senza alcun diritto.

Altro punto prioritario è poi quello del congedo di paternità, per il quale chiediamo una copertura finanziaria pari a quello di maternità. È infatti inderogabile, se vogliamo affermare nella pratica la parità di genere, che il lavoro domestico (cura dei figli inclusa) sia equamente diviso tra uomo e donna. Alcuni atenei - come ad esempio quello di Padova - hanno già riconosciuto a dottorandi e assegnisti la possibilità di un congedo di paternità, che però, essendo un periodo non retribuito, risulta per lo più irrealizzabile nella pratica. La presenza di un'indennità economica renderebbe invece reale questa possibilità, e agevolerebbe le neomadri nel conciliare vita familiare e lavorativa.

Un altro segnale importante consiste nell'apertura di spazi adibiti ad asilo nido all'interno delle strutture universitarie, che non solo semplificherebbero diversi aspetti pratici della vita familiare, ma garantirebbero anche una prossimità tra genitori e figli tale da permettere, ad esempio, di passare del tempo assieme durante le pause lavorative.

Per quanto riguarda la tutela del lavoro quotidiano, è fondamentale che la salvaguardia e l'attenzione nei confronti dei lavoratori sia diffusa in tutti gli atenei attraverso l'istituzione di servizi appositi. L'estensione delle tutele che proponiamo con questo documento parte dalla considerazione della condizione della donna, ma vuole raggiungere tutti. Per questo chiediamo che in ogni ateneo si istituisca un servizio di assistenza contro il mobbing, il bullismo o qualsiasi prevaricazione legata al genere, e che a questo ufficio possano rivolgersi donne, omosessuali, transgender e chiunque si trovi a subire una condizione di disagio nell'ambito lavorativo a causa di atteggiamenti discriminatori. Questi servizi potrebbero affiancarsi ai Comitati Unici di Garanzia previsti dalla legge 183/2010, articolo 21, che disciplina le "Misure atte a garantire pari opportunità, benessere di chi lavora e assenza di discriminazioni nelle amministrazioni pubbliche" e già attivi negli atenei.

Pensiamo sia necessario dare un segnale tangibile dell'impegno contro le discriminazioni attraverso la diffusione e la promozione di questi servizi, in modo da creare una rete di protezione che non lasci nessuno escluso.

Crediamo che l'università debba essere in prima linea nella promozione della parità e nella difesa dei diritti di tutti. Soltanto attraverso la garanzia di servizi concreti e di welfare reale, potremmo parlare nel mondo accademico di una reale parità di genere. Per questo, siamo fiduciosi che le nostre proposte vengano accolte come parte di un processo diffuso e non più prorogabile di conquista di una reale parità di genere.