Proposta Verducci sul reclutamento universitario: un primo passo nella giusta direzione

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Dopo le campagne portate avanti dall'ADI, il tema del dottorato e della riforma del reclutamento nelle università sta destando sempre più attenzione tra gli scranni del Parlamento. Infatti, dopo la proposta firmata da alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle (che abbiamo commentato qui), anche alcuni parlamentari del Partito Democratico hanno presentato un disegno di legge sul tema. Il DDL, a prima firma del Sen. Francesco Verducci, è stato pubblicato sul sito del Senato.

Dopo anni di battaglie, quindi, la questione del  precariato nell’università come diretta conseguenza dell’assenza di risorse, di regole farraginose e del blocco del turnover sembra finalmente essere riconosciuta da più parti, se non da tutti gli attori, come uno degli elementi di maggior criticità del sistema accademico italiano. Le ricadute di questa situazione sui giovani studiosi sono infatti drammatiche: al momento si stima che solo il 9% degli attuali assegnisti (qui l'indagine ADI 2019) avrà la possibilità di entrare in ruolo come professore associato; la carriera dei ricercatori si snoda lungo una sequenza di contratti precari a basso costo per il sistema, spesso senza alcuna garanzia né diritto riconosciuto, che ne rallenta il percorso accademico.

L’ADI non può che guardare dunque con favore alla volontà di intervenire finalmente su norme che hanno avuto ed hanno tutt’ora un effetto devastante sulle condizioni di vita di decine di migliaia di ricercatori. E’ giusto riconoscere, inoltre, che la proposta Verducci riprende, perlomeno a grandi linee, lo spirito della campagna Ricercatori Determinati promossa nel 2018 dall’ADI insieme alla FLC-CGIL e caratterizzata da proposte concrete per dare dignità, tutele e certezze al lavoro dei ricercatori italiani, oltre che anche diversi spunti nelle nostre proposte sul dottorato e sul riconoscimento del valore del titolo nei concorsi pubblici.

Tra le principali novità introdotte dal disegno di legge vi è l’abrogazione dell’assegno di ricerca quale strumento principale di pre-ruolo, l’eliminazione della figura del Ricercatore a Tempo Determinato di tipo A e la trasformazione di quella di tipo B in un’unica modalità di accesso al pre-ruolo in tenure track, suddivisa in Junior (3 anni) e, dopo la valutazione positiva da parte del Dipartimento, Senior (2 anni). Dal DDL in esame emerge quindi la giusta volontà di superare la logica di straordinarietà ed emergenza dalla quale è stato guidato il reclutamento universitario negli ultimi anni: nell’ultimo decennio le assunzioni sono state condotte soprattutto tramite i piani straordinari per RTDb che - anche al netto dell’insufficienza numerica rispetto ai pensionamenti - rendono inevitabilmente più complessa la programmazione per il sistema universitario rispetto ad un più auspicabile sistema di reclutamento ordinato e ciclico. Si tratta quindi di una necessità per gli atenei, ma anche di una necessità per il personale poiché, rispetto alla corsa a ostacoli attuale, permetterebbe un più ordinato - e sereno - percorso di vita ai tanti che aspirano a lavorare in campo accademico.

 

Le proposte sul dottorato

Nello specifico, le previsioni contenute negli articoli 2 e 3 raccolgono le istanze dell’ADI rispetto all’innalzamento dell’importo minimo delle borse di dottorato al minimale contributivo INPS e l’abolizione totale del contributo per l’accesso ai corsi di dottorato. Per quanto attiene alla prima delle due previsioni, riteniamo però anche importante specificare nel DDL che l’adeguamento deve avvenire in modo automatico ogni anno, cosa non precisata nell’attuale testo. Per quanto attiene invece alla seconda previsione, riteniamo importante specificare che l’abolizione del contributo per l’accesso e la frequenza riguarda i dottorandi con borsa, dal momento che tale contributo non è previsto per i dottorandi senza borsa. Come indicato nella nostra proposta di riforma del dottorato di ricerca (p.11), a tale misura dovrebbe corrispondere un finanziamento compensativo stimato di € 3.000.000.

Le previsioni di cui all’art. 4 riconducono la possibilità di posizioni di dottorato sovrannumerarie e senza borsa in un alveo di utilizzo più opportuno rispetto alla pratica attuale, prevedendo che siano destinate alla migliore formazione dei dipendenti della Pubblica Amministrazione. 

Il DDL, inoltre, viene incontro alle istanze che l’ADI ha avanzato con le proprie proposte sul riconoscimento del valore del dottorato quando prevede al comma 4 dell’articolo 4 che nelle procedure di reclutamento del personale delle pp. aa. il punteggio attribuito al titolo non può essere inferiore a quello proporzionale ai crediti formativi universitari (CFU) ad esso riconosciuti rispetto a quelli riconosciuti agli altri titoli eventualmente rilevanti ai fini del concorso. 

 

Postdoc e reclutamento universitario

Aspetto centrale del DDL (articoli da 5 a 9) è, la riconfigurazione delle possibilità contrattuali all’interno del sistema universitario, dove viene proposto un impianto coerente con quanto richiesto in Ricercatori Determinati. Riteniamo tuttavia necessario che venga specificato anche che tutte le forme contrattuali in uso nel sistema universitario devono essere di tipo subordinato, con tutti i diritti e le tutele che ciò comporta. 

Riteniamo inoltre opportuno aprire una riflessione sulle previsioni di cui all’art. 6.1, sezioni “a” e “b/5”, che demandano ai regolamenti di ateneo, rispettivamente, il quadro per la contrattualizzazione degli RTD e quello per la loro valutazione. Dette previsioni confermano una parte del testo già esistente nella L. 240/2010, mentre sarebbe opportuno prevedere un sistema organico nazionale (linee guida o regolamento), evitando così il rischio che di ateneo in ateneo ricercatori contrattualizzati allo stesso modo debbano affrontare compiti e criteri di valutazione differenti

Infine, una nota sulle previsioni di spesa: per quanto i 300 milioni di Euro indicati nel presente DDL per la fase transitoria costituiscano un investimento congruo, riteniamo che il sistema necessiti anche di un finanziamento stabile significativamente superiore a quanto ricevuto negli ultimi anni. La nostra richiesta al Governo nei mesi scorsi è stata quella di investire 1,5 miliardi di Euro, corrispondenti allo 0,075% del PIL 2018. Questo è necessario per ovviare ai disastrosi risultati del definanziamento e blocco del turnover attuato dalla Legge 240/2010 e riportare l’Italia in linea con i sistemi accademici degli altri Paesi europei, sia per ordine di grandezza degli investimenti, sia per dimensione dell’organico in relazione alla popolazione e agli iscritti, indici che ci vedono da anni ormai come fanalino di coda dell’Europa e dell’OCSE.

Auspichiamo che questo disegno di legge possa entrare nel già avviato dibattito parlamentare sul tema e che le istanze qui rappresentate vengano seriamente prese in considerazione dal Governo.

 
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